Abano terme - 4 ° raduno

Cronaca immaginaria di un bellissimo raduno
di Piero Fantozzi

 

Paolo tornava da Siena, più precisamente da Orgia, dove aveva passato una bella giornata in compagnia di vecchi e fidati amici.

La sua attenzione era monopolizzata dall’affascinante vista della pianura che correva a fianco della ferrovia, nonché dalle auto, che l’intercity sorpassava, e che apparentemente arrancavano sull’autostrada.

Forse fu perché il pensiero tornava al buon bianco di Castellina, al rosso di Gaiole ed al goccetto di Montalcino, servito in compagnia di un discreto Morellino e di un tagliere di affettati da mille e una notte durante la recente riunione conviviale di cui serbava così grato ricordo, che non si avvide della figura che scivolava, sedendosi, nello scompartimento (si fa per dire ) dell’intercity nel quale viaggiava Paolo.

L’uomo – così sembrava – aveva un aspetto distinto, forse sulla settantina portata bene, un completo grigio chiaro di taglio sartoriale, camicia a righine blu, niente bagaglio e mocassini italiani cuciti a mano.

Però, questi intercity non hanno buona stampa ma pare che vanno benone” – esordì il nuovo arrivato. “Certo, rispose Paolo con un sorriso tanto beneducato quanto seccato, bah, forse fanno troppe fermate”.

Non fece a tempo a pentirsi dell’esca che aveva lanciato per una chiacchierata ai massimi livelli di banalità, che l’uomo proseguì “ Vero, mi sono fermato a Orvieto perché avevo da fare in un pozzo locale, detto dei desideri, ma pensi, torno da Padova, dove ho partecipato ad un raduno coi miei commilitoni di 50 anni fa, sa, quando c’erano gli AUC, gli ACS, gli AUPC, l’AP, il servizio di leva, i renitenti alla leva, le divise invernali della Marzotto, i cessi puliti con calce viva e pompe che non avrebbero sfigurato tra i VV.FF.”

Non volendo sembrare da meno. Paolo iniziò- timidamente - con un “Io invece mi sono incontrato con alcuni cari miei amici a Siena, più precisamente a Orgia, e abbiamo mangiato bene, e bevuto meglio, perché….

Scusi, ma vuole mettere? Torresani – sa, piccioni che vivono sulle torri, si chiamano così prima di diventare ripieni, il prezioso vino Torcolato che con essi va gustato, non c’era, ma fa lo stesso, Stinco di maiale, ambienti degni ed eleganti come il Circolo Ufficiali di Padova e quello Sottufficiali di Venezia, un ottimo albergo ad Abano..e non solo..

Paolo avrebbe voluto distrarsi, ma l’alternativa era far prevalere il brusio delle conversazioni telefoniche impiantato attorno ai due nel vagone, per comunicazioni evidentemente di particolare importanza e del tutto indifferibili, in lingue dell’est europeo, del nord africa, del vattelappesca…

Beh, ma io e miei sodali a Siena abbiamo visto Piazza del Campo, il duomo, il pallone, porta Camollia, fonte Branda, la pinacoteca Piccolomini, il teatro comunale e San Domenico”.

Ha mai sentito parlare di Prato della valle? E’ una specie di Stonehenge della meritocrazia. E la cappella degli Scrovegni? E poi: monorotaia, museo della terza armata con guida del Dirigente e di un preparatissimo maresciallo: nella basilica del Santo, poi, oltre alla meraviglia della continua devozione, abbiamo avuto l’onore di essere guidati in visita dal Priore in persona, sa? Il tempo ci ha assistito, ed ha piovuto solo quando eravamo al riparo nel nostro bus, dove le mogli dei nostri ospiti ci avevano giudiziosamente guidato, protetto e sorvegliato a dovere compreso chi era giunto dall’estero, chi da Gela, chi da Belluno.”

Paolo, che di cognome faceva Artemisio, era un po’ intrigato dalla sigla AP, le sue iniziali, citata dall’affabile compagno di viaggio; così decise di esordire con “Quante sigle! E poi, almeno siete passati a Venezia?”

Beh, AP sta per Attesa Punizione, in voga in bacheca ad AP – Ascoli Piceno – una cinquantina di anni fa, AUPC sta per allievo ufficiale pilota di complemento: le altre di sicuro le sa. E a Venezia, dopo un assalto al vaporetto al Tronchetto, abbiamo visitato San Marco entrando da una porta a noi riservata, arrivati a Rialto, tornati indietro, sospirato al ponte a ciò addetto, visitato il maestoso museo Correr: certo, i veneziani impressionavano con ori, stucchi e luoghi monumentali, non solo chi forniva loro l’olio da – diciamo - Cantalupo Sabino, ma anche i più ricchi mercanti d’oriente. Che portavano – genericamente – spezie.

Fu su questa parole che Paolo si perse un attimo, tra lo sferragliare del treno, le lingue gutturali che gli fluttuavano intorno, il rassicurante sorriso – bianchissimo – del suo narratore: con un sorriso di compiacenza inforcò certi occhiali tattici e si appisolò.

Non durò a lungo: qualcosa non funzionava nel tubo al neon della plafoniera che illuminava il vagone, e la luce andava e veniva. Crac-Crac-Craac

Vede, riprese Paolo, in questo Paese non è vero che funziona tutto. Lo sapeva?”

Certo, non funzionano tante cose, ma forse è il caso di fare delle scelte: in molti Paesi occidentali psicologi e fors’anche psichiatri talvolta si affidano alla regressione a scopo terapeutico. Il paziente torna indietro nel tempo, e ritrova comunioni di pensiero, scoperte, amicizie fugaci, gioventù o infanzia da rivalutare. Certo, ci sono anche religioni diffusissime (induisti) che confidano nella metempsicosi, e gente senza scrupoli che ti convince che hai vissuto chissà quante altre vite, e che la voglia di caffè che hai su una gamba è il ricordo di una ferita subita quando combattevi i fastidiosi saraceni.”

Crac-Crac-Craac. La luce stentava a stabilizzarsi.

Per me – proseguì l’uomo - una cosa nel raduno da cui torno ha, assieme a tutta l’eccellente organizzazione, funzionato: provare la gioia di ritrovarsi, sicura anticipazione di immortalità. E poi meglio una sola morte che, come vorrebbe la metempsicosi, tante morti! Ha anche funzionato, e mi fermo qui, la curiosità di vedere come si cambia dopo tanti anni, la novità di un incontro prima dato quasi per impossibile, il piacere di ricordi comuni serbati per tanti anni e poi fatti rivivere, meno rigogliosi, certo, ma vivi.
Se queste preziose risorse sono considerate per quel che sono, non prevarranno disillusioni, sterili paragoni di vite ormai belle che vissute, cadute di entusiasmo, e resterà il piacere di ritrovare i compagni di viaggio dei nostri vent’anni.

Crac-Crac – Craac .

Il neon superava ormai il pur possente e continuo rumore delle inarrestabili comunicazioni telefoniche, e il ritmico andare del treno funzionava, per appisolarsi, meglio della conta di infinite pecorelle.

Mentre Paolo era quindi in una sorta di dormiveglia, vuoi per i vini dell’Orgia, vuoi per il cullare del treno, vuoi per il filosofeggiare del chiacchierone di fronte a lui, quando lo sentì inaspettatamente chiedere:

Lei crede nei fantasmi?”

Beh…dipende, però…”

Io sì, ci credo”. E sparì

Dopo poco la luce smise di fare il suo andirivieni, diminuì lo scomposto vociare dei grandi parlatori e Paolo godette di qualche minuto di meritato sonno ristoratore. Si svegliò riconoscendo la via Salaria, i bivacchi sotto i muraglioni della via Nomentana, le muraglie imbrattate con lo spray verso il Tiburtino: sì, quella era Roma, la sua città, la grande bellezza, la città reale. E forse aveva sognato il resto. Ma era stato veramente un sogno? Era certo stato assai piacevole, e comunque suggestivo.

Roma, 4.7.2014